20 addenda: sullo “Sciopero dell’autore”

Intervengo con alcune annotazioni che vogliono disordinatamente (come mi è possibile) replicare a vari commenti comparsi negli scorsi giorni a proposito dello Sciopero dell’autore. I commenti a cui di volta in volta rispondo sono dati in corsivo grassetto piccolo, con link di riferimento a lato).

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(1)

Esordisco con una ulteriore notilla (dopo questa) sul tacere. E sul fare.

Da diversi anni organizzo, da solo o con altri, molte serie di letture e iniziative e più in generale prassi decisamente opposte a qualsiasi idea debole di silenzio. (“Da anni si va in questa direzione”, dicevo nel primo intervento Sul tacere).

Bon. Ci sono state e ci saranno sedi in cui non trovo sintonia, e altre da cui la distanza politica deve essere (per quanto mi riguarda) marcata. Questo non significa tacere, è semmai il contrario. Perché, ovviamente, le stesse cose che uno faceva in X e Z poi le sposta in Y e Z.

E pace.

Se a contare è la qualità dei testi o delle cose pensate e promosse, la situazione — è un augurio — migliora, selezionando.

Se non migliora, si condanna da sé. Se viene ignorata perché gli amici o sodali che si avevano in X spariscono col trasferimento in Y, verrà ignorata dai frequentatori nel luogo X, non da quelli nel luogo Y.

Se l’eco che aveva X è maggiore dell’eco che avrà Y (cosa da dimostrare), ciò potrà essere più o meno puerilmente chiamato: “prezzo da pagare”. Très bien.

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(2)

Quando leggo (o sento) che “la destra è cattiva ma anche la sinistra eh, perbacco” (ecc.) rispondo che è giusto e che io arrivo colpevolmente in ritardo con le critiche. Ma una critica a sx, una critica a dx, e/o una critica a sx e a dx insieme, penso non possano convivere con accondiscendenze e concessioni agli oggetti delle critiche medesime. Se critico tizio, do una conseguenza alla parola anche fuori dalla parola.

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(3)

non tirarsi mai indietro, non auto-ghettizzarsi nei centri sociali e nelle case della poesia, dove quasi sempre si finisce col farsi le seghe a vicenda (link)

Invece nei dibattiti televisivi, nei maxieventi col maxischermo, alla radio e sulle belle tribune, non ci si fa mai le seghe a vicenda. È cosa nota. Claro.

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(4)

che differenza vuole che faccia per il pubblico dei fedeli andare a palazzina liberty, museo Nitsch, casa delle lett, mediateca san lazzaro, centro sociale, aula occupata, ex orso pippo…? / ma per gli autori sì: il gravio spese viaggio vitto alloggio, non moltiplicherà certo le presenze. (link )

È proprio per rendere sensata/sensibile questa differenza che uno pensa di non solo “scioperare”, ma  semmai cambiare una prassi propria. Agire diversamente dal passato, dove e come (e quando) si può. Operare secondo un segno diverso.

Rientrando in ciò un versante economico, si spiegheranno (umanamente) i limiti che ne derivano, se e quando ne derivano. (Come si loderanno i superamenti autogestiti di quei limiti, quando si riuscirà a metterli in atto).

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(5)

Al totalitarismo non mi pare si possa rispondere scioperando bensì, semmai, prendendo il primo aereo per Parigi senza tornare indietro (link)

Ci possono essere azioni frontali da mettere in pratica “prima” di “dover” prendere l’aereo. (E per scongiurare, appunto, la necessità del volo).

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(6)

Luigi Cinque direttore artistico di Romapoesia vi ha elencato con ordine la quantità di inesattezze, relative alla manifestazione ora in corso e che non gode della vostra partecipazione (link )

Alla mail collettiva ho risposto con mail collettiva (26 novembre). Non ho niente in contrario nel renderla pubblica, quando e se i co-destinatari tutti mi danno l’ok scritto. Mi sembra chiarissima. Replica punto per punto.

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(7)

possibilità concrete di una cultura d’alternativa in questo disgraziato paese. Faccio sommessamente notare che l’iniziativa in tal senso della rivista il verri che dedicò esattamente un anno fa il suo numero 35 alla questione della Bibliodiversità cadde in un tonante silenzio mediatico (con l’eccezione del quotidiano della Confindustria, che prevedibilmente ci tacciò di “ideologia”). Aggiungo francamente che, al contrario, mi sarei atteso un qualche appoggio, dalla parte ora fieramente protestataria. (link )

Quante presentazioni (2, mi si dice: ma:) quanta pubblicità e segnalazioni e mail circolari sono state fatte da parte dei redattori autori collaboratori a questo numero della rivista? Io non ne ho ricevute. Ho però ricevuto il numero della rivista, che ho ovviamente segnalato qui (segnalare, quando non si può intervenire, è il minimo; ma non è nulla).

Sulle “possibilità concrete di una cultura d’alternativa” sono appunto circa 20 anni che mi spendo. La dépense citabile stranota. Non aspettandomi rientri (eppure avendone), non vedo cosa aggiungere. Se non continuare per altri tot anni, in rete (e senza rete). Chi vuole vedere e leggere, vede e legge. Gli altri no. Così va.

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(8)

valutare, secondo la propria coscienza politica e civile, quando è il caso di partecipare ad un evento e quando invece non lo è, è una cosa che ho sempre fatto. se romapoesia la apre un comizio di borghezio, non ci vado in nessun caso, se l’assessore di an mette i soldi (pochi, cosiccome quello del pd), non fa comizi, e lascia piena autonomia agli organizzatori, io ci vado, perchè la ritengo comunque una cosa importante, poi la casistica potrebbe continuare, insomma si sceglie secondo coscienza, l’ho sempre fatto (link)

L’iniziativa dello Sciopero vuole precisamente dire che — stante la “scelta secondo coscienza” (da rispettare) — c’è modo di aggiungere (significativamente) alle opzioni di opposizione anche un rifiuto del segno o contesto che (indipendentemente da chi vi agisce) riconnota o può riconnotare il testo e i suoi attori per il semplice fatto di ospitarli.

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(9)

… l’iniziativa contro Romapoesia … (link )

Quella dello Sciopero non è stata un’iniziativa “contro” RomaPoesia. È nata dal contesto di un rifiuto individuale (di persone separate che nemmeno si erano consultate in questo) e si è — in un tempo lungo — articolata come lettera di più ampio e differente respiro. (Offresi cronologia a richiesta). (E a pagamento, visto che comporterebbe ore di lavoro al pc per districarsi tra mail e sms).

Volendo tenere insieme persone diverse e con atteggiamenti diversi e legami diversi, ha assunto una prima forma o bozza collettiva (questa), che poi è stata meglio precisata con il comunicato ora pubblicato.

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(10)

non diminuite il mondo, aumentatelo. (link )

Ri-cito il lavoro di questi anni? Per poi sentirmi dire che non sta bene dire “ho fatto questo ho fatto quello”? Se ho fatto, sbaglio a dirlo. Se non lo dico, sbaglio perché “evidentemente” non ho fatto nulla. (Eh, non dice = non ha agito). Eccetera.

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(11)

è uno sciopero di un gruppo di persone, di poeti, che amano “stare tra di loro”. (link)

No comment.

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(12)

Stare bene con la coscienza, starci sempre meglio, starci fra quattro guanciali: questo atteggiamento si chiamava, una volta, da anime belle (link)

Ergo, l’alternativa sarebbe: O stare male con la propria coscienza (fare porcate? quante?) O starci bene però così chiudendosi nei guanciali? Curiosa histoire d’O.

E interessante aut-autismo (link).

Come dire che esistono solo due entità: il coerente che si tarpa e s’imbottiglia le palle, O lo zozzo infingardo che esce vittorioso dal guanciale. (Amatriciana modificata? Ai posteri).

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(13)

Se dobbiamo operare sul piano simbolico-mediale […] dobbiamo farlo dove i nostri simboli possano essere inquadrati dai media (da qualche media almeno). (link)

Ognuno sceglie quali.

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(14)

Apprezzo moltissimo il lavoro della Camera verde, ma non è un termine di paragone: né per il Palazzo dei congressi dell’Eur né, con tutti i suoi limiti, per la Casa delle Letterature. Non penso esattamente che il mezzo sia il messaggio, ma certo il mezzo è parte integrante del messaggio. Se protesti chiuso nella cabina del telefono è un discorso, se lo fai su Radio Tre Rai un altro. (link )

Giusto: «non è un termine di paragone». Ci sono state letture in Camera verde con masse e genti fuori della porta e letture alla CdL con 4 gatti. Ma: decisamente: i luoghi nominati sono grandezze (matematiche) incomparabili.

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(15)

(Per quanto riguarda la partecipazione a Bibliodiversità: ti assicuro che avrei partecipato molto volentieri a tutto, se ne avessi saputo qualcosa!) (link)

Idem io.

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(16)

Sì il silenzio, bene, ma anche urlare (link)

Leggo questo come 150° commento del thread. Si parla ancora di silenzio. Ancora. Incredibile. Osservo un minuto di silenzio. Merita.

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(17)

fare gruppo (link)

Invito / invece: sgruppiamoci. Ognuno prenda l’idea dello Sciopero e pensi — con questo microfiltro — di osservare le cose a cui andrà incontro in futuro. A ognuno le sue scelte.

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(18)

Però fin d’ora richiamerei a studiare i situazionisti (link)

Concordo.

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(19)

solitudine dequalificata (link)

Imminente. Me la sento già. Come si sente la febbre. (Parlo della mia attività lavorativa). (OT, dunque chiudo).

(Nota di teatro:)

(Il lavoro, l’identità, la “persona che parla” sono sempre OT. Si dice IT solo la posizione sulla carta, la geometria del profilo pubblico comunicato, proiezione del non-osceno, ossia del non strutturale, sullo schermo condiviso, che è di volta in volta bianco. E che ridiventa bianco all’uscita degli avatar dei dialoganti dalla scena).

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(20)

vedi chi collabora serenamente a Libero o al Domenicale di Dell’Utri (Permalink)

Questo mi incuriosisce molto. Vivo veramente fuori dal mondo, mi rendo conto, a volte. Chi collabora “serenamente” a queste due lodevoli tribune di libertà?